3 domande con...

Leonardo Nocentini
Leonardo Nocentini vive in Toscana, e ha studiato all'Università di Firenze. È libero professionista in consulenza per la gestione di patrimoni forestali di proprietà private


Il ritorno degli animali selvatici da punto di vista del territorio dell’Italia centrale

Inizio intervista

Secondo lei, i lupi, gli orsi e i cinghiali stanno veramente tornando?

[In questa regione dell’Italia] Di sicuro possiamo dire che, nelle tre specie che mi ha elencato, in ordine di importanza numerica e di conseguenza anche di difficoltà di gestione abbiamo: cinghiale, lupo e orsi. In Italia centrale l’orso non c’è. Lo troviamo scendendo in Abruzzo, perché lì è tutelato nel parco nazionale d’Abruzzo e lì ha un monitoraggio anche importante, oltre che a Nord come anche nelle notizie di cronaca delle stagioni passate si siano mostrati. Però in ordine di importanza è anche la difficoltà di gestione. Per i danni o le preoccupazioni che portano sia nelle attività svolte in ambito agricolo o forestale, sia per l’attività anche conseguente turistica di queste aree.

Il ritorno, per quel che riguarda i cinghiali, è da almeno direi trenta anni. Il controllo che veniva svolto prima era molto più efficiente, intendo un controllo numerico. Dopodiché, devo dire che anche con l’invecchiamento della popolazione, il controllo del cinghiale è gestito con le squadre di caccia, che sono squadre numericamente tra le venti e le trenta persone, ebbene anche l’età media di queste persone aumenta e anche la gestione affidata a queste persone non è più efficace come una volta.

La popolazione del cinghiale ha una elevata capacità, maggiore di prima, di procreazione, quindi i numeri non controllati sono aumentati esponenzialmente. Per quanto riguarda il lupo, il tempo di ritorno nelle nostre zone è iniziato circa quindici anni fa, da nuclei prima nelle aree protette, dove sono stati monitorati come piccoli branchi, e da quel momento si sono espansi senza avere mai un controllo. Primo perché è specie tutelata, e secondo perché non c’è un controllore naturale diciamo, un predatore naturale del lupo, e si sono quindi espansi numericamente. Oggi li troviamo sostanzialmente ovunque, non più in montagna isolata ma fino a valle, anche a valle coltivata intensamente. Anche là dove non c’è superfice boschiva di protezione, il lupo ormai è arrivato ed è prossimo alle città.  

I problemi che questa sovrappopolazione ha portato, per i cinghiali abbiamo in questo momento l’attività di riduzione che non è più dovuta tanto alla gestione dell’uomo quanto a quella del lupo, il quale la mancanza di disponibilità di pecore, di mandrie, di allevamenti che sono sicuramente più semplici, attacca facilmente il branco dei cinghiali, il quale ha modificato il suo comportamento. [I cinghiali] Sono più accorti, più attenti, e questo si nota perché i branchi che si vedevano prima non sono più così numerosi, sono più ridotti e in genere anche meno isolati. Stanno più compatti, il gruppo di cinghiale non si comporta più come prima, quando il lupo non c’era o era poco frequente. Ora si sono adattati alla presenza del lupo, riducendo le proprie escursioni da singoli. Stanno molto più in gruppi, e in gruppi più ridotti, dove possono difendersi meglio e difendere meglio i piccoli. Questo è l’effetto che ha avuto il lupo.

A suo parere, fino a che punto le attività dell'uomo sono influenzate dalla presenza sempre più eccessiva di questi animali, soprattutto dei cinghiali?

Le problematiche che ci sono, nel settore agro-forestale, nel paesaggio, nel mantenimento anche delle coltivazioni, prima in collina e in montagna, quando il cinghiale era avanzato numericamente, ma ora anche a valle, là dove anche il cinghiale non avrebbe tanta copertura boschiva, è che ormai le coltivazioni devono essere tutte protette. Vigneti, oliveti, le coltivazioni devono essere tutte recintate, anche quelle di collina. Se qualcuno volesse fare qualche coltura, non riuscirebbe più a portarla avanti, ma ormai da tempo in realtà. Le coltivazioni a maggior reddito devono quindi essere protette, e questo è un costo ovviamente in più, non previsto per una cultura ordinaria fino a quindici o venti anni fa. Questo è un primo problema. La seconda problematica è quella degli effetti sull’attività ricreativa, turistica. Non sono rari i casi come c’è stato per l’orso nel Nord Italia, dove c’è fauna come i lupi ma soprattutto i cinghiali, che creano problemi nel mantenimento delle strade, nel rischio per chi percorre percorsi naturali, non ci si sente più tanto sicuri. Io sono un dottore forestale, quindi la mia attività si svolge in parte in ufficio necessariamente, ma in gran parte in boschi dove vado da solo. Se venti anni fa o trenta anni fa non avevo nessun pensiero, oggi so che andare in un orario magari all’imbrunire da solo, potrebbe essere un po’ meno sicuro di prima.

Le persone che oggi vanno in bosco per camminare, o in bicicletta, non conoscono i comportamenti degli animali selvatici perché non gli hanno mai visti, quindi non sanno neanche come comportarsi. Posso dire che per esperienza, il lupo non mi si avvicina, in realtà scappa, molto prima che io arrivi, se mi sente si allontana. Però è anche vero che ormai la popolazione dei lupi è così diffusa che in un certo senso anche loro adottano comportamenti un po’ diversi. Hanno meno paura delle strade, hanno meno paura delle persone, un po’ perché magari hanno più fame di prima, perché se aumenta la loro popolazione, ovviamente si restringe la disponibilità di cibo, e quindi possono adottare comportamenti che non sono propriamente ordinari. Io ricordo una volta in cui partecipai ad un convegno appunto sul lupo in Casentino, uno dei primi convegni che i ricercatori presentavano per testimoniare lo sviluppo di questa popolazione che era agli inizi della sua crescita, spiegavano, riferendosi agli Stati Uniti, i comportamenti di spostamento dei lupi, cioè branchi che si spostavano prima singoli, poi aumentavano di numero, in seguito andavano a colonizzare. Era uno spostamento che teneva in conto anche i limiti della viabilità delle autostrade e dei centri abitati. Loro evidenziavano che questi limiti, che per piccoli gruppi diventano magari invalicabili, quando la popolazione aumenta sono sempre meno dei limiti. Aumenta la confidenza, e di conseguenza la possibilità che si creino dei contatti. Questo è ovviamente percepito dalla popolazione più avvertita, quella che più frequenta il bosco, che da quelli occasionali. E quindi questa percezione di pericolo comincia a essere non proprio ignorata. Se ne parla, si sente. Ancora da noi non ci sono stati episodi di lupi che hanno attaccato uomini, mai sentiti. Ad oggi non c’è materialmente un effetto diretto. Però l’effetto indiretto di sentirsi meno sicuri c’è. Questo va incidere anche sul turismo, per le aziende che hanno anche attività ricettiva e che sono circondate da boschi, sempre meno circondati dagli uomini, e sempre più frequentati dagli animali. Sono certo che finché io viaggio come turista con qualcuno che mi guida in gruppo posso avere una percezione, ma quando io dovessi andare da solo ne avrei sicuramente un’altra. Quindi concretamente, attacchi di lupi non ce ne sono mai stati. I cinghiali, aldilà dei danni che fanno sulle strade, quelli sono purtroppo numerosi, però anche lì ci sono solo danni diretti a paesaggi, muretti, coltivazioni non protette. Danni diretti all’uomo non ce ne sono. La percezione della sicurezza in bosco sta cambiando, rispetto a trenta anni fa.

Per gli orsi, per quanto riguarda il centro Italia, si possono spostare, ma sono comunque abbastanza monitorati. Anche se hanno ormai una confidenza per cui arrivano nelle case. L’orso non sta nei boschi separato da tutto il resto, ma arriva anche nei paesi. Soprattutto in Abruzzo è consuetudinario ormai. Non dico che è diventato quasi domestico, ma il rischio che lo diventi c’è, ed è un rischio, non un beneficio.  

Il cinghiale è stato sempre abbastanza vicino all’uomo. Ma il lupo e l’orso, che sono invece due specie che nei paesi di Est Europa necessitano di portare con sé il fucile, ebbene quella situazione è conosciuta e gli abitanti la percepiscono perché sono persone che vivono in quegli ambienti. Qui invece, l’uomo di città che va in escursione potrebbe non saper gestire questa cosa e quindi rischiare. L’estate scorsa un runner ha avuto un incontro fatale, questo perché frequentava un’area nella quale non doveva andare. Dobbiamo darci delle direttive per evitare che, per l’orso che non modifichi le proprie attitudini, e dall’altra parte che non ci siano rischi per l’uomo. Quando la popolazione di animali cresce, questi si espandono e cercano da mangiare, e può esserci il rischio di un contatto con l’uomo. La convivenza tra animali selvatici e umani non è quindi tanto compatibile.

Potremmo supporre che il ritorno di questi animali corrisponda in realtà a dei cambiamenti profondi del territorio, e il cambiamento climatico potrebbe essere un altro fattore importante. Cosa ne pensa al riguardo ?


Rispetto al cambiamento climatico, gli animali si adattano quasi come lo facciamo noi, e forse meglio di noi. Geneticamente si possono adattare più facilmente. Il nostro adattamento all’ambiente ormai è acquisito, e difficilmente ci adatteremo diversamente ad altri cambiamenti. Le capacità di adattamento degli animali hanno effetto su una durata estesa. Quindi gli animali si sposteranno in zone più favorevoli, con meno rischi di siccità. Le zone a rischio siccità come nel Sud Italia faranno in modo che gli animali, non potendo trovare soluzioni tecnologiche come lo facciamo noi, si sposteranno più a Nord.